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Impariamo a leggere le etichette nutrizionali!

Come abbiamo visto in altri articoli è importantissimo fare una spesa consapevole.


Leggere e capire quanto scritto sulle etichette nutrizionali dei cibi, ci consente di acquisire importanti informazioni sul contenuto nutrizionale dell’alimento.

Per legge il contenuto delle etichette deve essere chiaro e trasparente, tuttavia riuscire a interpretarle non è tanto facile e immediato.

È comune essere attratti dalle scritte promozionali dei “senza, basso e ridotto contenuto di…” presenti sulle confezioni, ma anche in questo caso è bene conoscere il loro vero significato.

Vediamo nel dettaglio cosa possiamo trovare in etichetta:


1.     Elenco degli ingredienti: indica tutte le sostanze utilizzate nella produzione. È molto importante sapere che gli ingredienti sono elencati in ordine decrescente di peso: il primo ingrediente è quello presente in maggiore quantità e così via. Sono da apprezzare le etichette con tante e complete informazioni, ma la lista degli ingredienti deve essere più breve possibile, pochi e di qualità.

La presenza di allergeni deve essere evidenziata con carattere diverso rispetto agli altri ingredienti e quella di “oli vegetali” o “grassi vegetali” in un apposito elenco che ne indica l’origine specifica (es. olio di palma, olio di cocco, grassi idrogenati ecc.).

Devono essere indicati, se presenti, anche aromi e additivi. Gli additivi sono sostanze chimiche prive di valore nutrizionale usate per conferire particolari caratteristiche al prodotto o per prolungare la conservazione. Si tratta di conservanti, antiossidanti, coloranti, addensanti, emulsionanti, antiagglomeranti, dolcificanti ed esaltatori di sapidità. Anche se autorizzati dall’Unione Europea, è meglio preferire alimenti con il più basso contenuto di additivi.


Ma quali sono gli ingredienti da evitare?

Diffidate degli alimenti che hanno come primo o secondo ingrediente lo zucchero o il sale.Andrebbero evitati o fortemente ridotti i cibi contenenti:

  • Nitriti e nitrati (E249, E250, E251 e E252), presenti soprattutto nella carne in scatola, negli insaccati e nelle carni lavorate. Sono aggiunti come additivi e non come semplici conservanti, servono a mantenere il colore rosso della carne, favorire lo sviluppo dell’aroma e svolgere un’azione antimicrobica e antisettica, soprattutto nei confronti del botulino. Di per sé non sono cancerogeni, ma possono essere convertiti attraverso la cottura e il metabolismo in composti che sono considerati cancerogeni, chiamati nitrosamine.

  • Solfiti e anidride solforosa (E220, E221, E222, E223, E224, E226, E227 e E228), contenuti principalmente in bibite a base di frutta, succhi, dolci, pesce conservato, birra, vino e frutta secca. Sono dei conservanti antimicrobici utilizzati per evitare la germinazione di muffe, lieviti e batteri, per mantenere la colorazione naturale dei cibi e proteggerli dall’imbrunimento. Un abuso può provocare irritazione gastrica, reazioni allergiche e alterazioni vitaminiche.

  • Glutammato monosodico (E621), si trova in molti alimenti come i dadi da brodo, tanto da comparire come primo ingrediente, e viene impiegato per intensificare o modificare il gusto. Dato il suo diffuso utilizzo, l’elevata assunzione giornaliera può provocare intolleranze a quest’additivo e altri disturbi da non sottovalutare.

  • Tartrazina (E102), colorante artificiale presente in caramelle, snack, bevande analcoliche e sciroppi. Insieme ad altri coloranti (es. giallo di chinolina, giallo tramonto, azorubina (carmoisina), ponceau 4R (rosso cocciniglia A), rosso allura AC ) sono stati associati al deficit di attenzione nei bambini.

  • Mono e Digliceridi degli acidi grassi (E471), emulsionanti che si possono trovare in prodotti da forno e pasticceria, gelati, chewingum, cioccolato e margarine. Sono grassi di scarsa qualità nutrizionale di origine vegetale o animale. I mono e digliceridi vegetali sono ottenuti da olii di cocco o di palma, mentre quelli di origine animale da scarti di macellazione come unghie, corna, grasso e chissà cos’altro.

  • Olii palma e colza, ingredienti di origine vegetale che compaiono nelle creme spalmabili, nei brodi, in alcuni piatti pronti e soprattutto in tantissimi prodotti da forno. Sono ricchi di acidi grassi saturi, il cui consumo eccessivo risulta correlato a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari.

  • Grassi trans e idrogenati sono grassi pericolosi per la nostra salute, anche in questo caso aumentano soprattutto il rischio cardiovascolare e alzano i livelli di colesterolo cattivo abbassando quelli del colesterolo buono.


2.     Condizioni di conservazione ed uso: insieme di indicazioni che ci consentono di mantenere il prodotto in buone condizioni anche dopo l’apertura della confezione.


3.     Paese d’origine e luogo di provenienza: informazione obbligatoria che ci consente di sapere l’origine e la provenienza di ciò che mangiamo.


4.     Dichiarazione nutrizionale: si tratta della tabella dei valori nutrizionali, in cui troviamo le informazioni sull’apporto calorico e nutritivo dell’alimento. Le indicazioni obbligatorie sono: valore energetico (in Kjoule e kCal), grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale. Queste possono essere integrate con indicazioni su acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, sali minerali e/o vitamine, amido e fibre. Il valore energetico è riferito a 100 g/100 ml dell’alimento oppure alla singola porzione. La tabella nutrizionale, quindi, ci illustra la composizione in macronutrienti di ciò che acquistiamo.


5.     Indicazioni nutrizionali e sulla salute: l’etichetta può essere utilizzata dal produttore per attribuire al proprio prodotto particolari proprietà nutrizionali o di tipo salutistico. Si tratta dei cosiddetti claims, che possono essere presenti solo se il prodotto rientra in determinati parametri, ma ciò che non sempre ci è chiaro sono proprio i parametri:

  • Leggero/Light: si può usare solo quando il valore energetico è di almeno il 30% inferiore rispetto al prodotto classico. Dietro la parola “light” spesso si nascondono prodotti meno ricchi di grassi ma con un elevato contenuto di zuccheri e viceversa.

  • Ad alto contenuto di proteine: si usa se il 20% del valore energetico è apportato da proteine (nel Grana Padano supera il 30%).

  • Senza: si trova scritto quando l’alimento contiene un nutriente in quantità vicina allo zero.

  • Basso: si può scrivere quando contiene un nutriente in quantità maggiore rispetto a quelli senza.

  • Ridotto: quando il prodotto ha il 30% in meno di un nutriente rispetto alla versione classica.


6.     Denominazione dell’alimento: indica il nome del prodotto e gli eventuali trattamenti subiti.


7.     Durabilità del prodotto: esprime la durata o il termine minimo di conservazione. Sulla confezione possiamo, infatti, trovare due diverse diciture:

– “Da consumare entro il…” rappresenta il limite entro il quale il prodotto deve essere tassativamente consumato. È il caso di prodotti molto deperibili per cui la data indicata rappresenta quella di scadenza.

– “Da consumarsi preferibilmente entro il…” significa che il prodotto può essere consumato anche se trascorso qualche giorno dalla data indicata senza rischi della salute.

Conoscere la differenza tra data di scadenza e termine minimo di conservazione può essere utile per evitare e prevenire gli sprechi alimentari.


Conoscere cosa sta realmente dietro le etichette nutrizionali può aiutarci a compiere delle scelte alimentari salutari e consapevoli.


Le tue nutrizioniste,

Elena, Angelica e Francesca



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